clicca sul logo

mercoledì 4 dicembre 2013

7 LAVORATORI CINESI MORTI: I MAGISTRATI: “4 INDAGATI CINESI,PER ORA, MA LE INDAGINI POTREBBERO ALLARGARSI AD ALTRI SOGGETTI...”. SPERIAMO!

                                                          (foto da www.ansa.it)
GIOVANNINI (Ministro del Lavoro): "MAI PIU' SIMILI EPISODI" -"Simili episodi non possono e non debbono ripetersi". Lo ha detto oggi il ministro del Lavoro Enrico Giovannini, rifererendo alla Camera sulla strage di Prato . Purtroppo è un'ulteriore dimostrazione delle conseguenze di condotte volte a negare tutele legali ai lavoratori". "Non si può abbassare la guardia nell'opera di prevenzione e controllo sulla normativa di settore". A Prato, ha aggiunto il ministro, che è "un importante distretto tessile", risulta difficile "l'operazione di controllo e prevenzione". Giovannini ha poi spiegato che c'è una "programmazione a cadenza settimanale di interventi mirati e coordinati con gruppo interforze". Resta comunque una "condizione di insostenibile e illegale sfruttamento". 
29 NOVEMBRE 2013: ECCO QUANTO AVEVA APPENA RESO NOTO IL MINISTERO DEL LAVORO (NON SI CAPISCE BENE RELATIVAMENTE A QUALE PIANETA) :
“Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Ufficio Stampa
Lavoro, irregolari metà delle aziende ispezionate, in aumento lavoro nero, finte collaborazioni e partite IVA

Lavoro irregolare sotto la lente degli ispettori. Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali comunica i risultati del l'attività di vigilanza sulla mancata applicazione delle norme previdenziali e della prevenzione e sicurezza del lavoro.
Nel periodo gennaio-settembre 2013 sono state ispezionate 101.912 aziende, in lieve aumento (0,1%) rispetto allo stesso periodo nell'anno precedente; in 56.003 aziende, pari al 55% di quelle controllate, sono stare riscontrate delle irregolarità. La costanza del numero delle aziende ispezionate scaturisce da una specifica strategia del Ministero, mirata a concentrare le verifiche verso obiettivi significativi in relazione a fenomeni irregolari di rilevanza sociale: lavoro nero, tutela dei minori, sfruttamento extracomunitari clandestini, elusione contributiva e sicurezza sul lavoro.
Le ispezioni hanno consentito di verificare 202.379 posizioni lavorative (in diminuzione del 29,3% rispetto a gennaio-settembre 2012) con l'individuazione di 91.109 lavoratori irregolari, di cui 32.548 totalmente in nero (pari al 36% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 5 punti percentuali rispetto allo scorso anno). In 439 casi è stata riscontrata una violazione penale per impiego di lavoratori minori, mentre è stato individuato l'impiego di 816 lavoratori extracomunitari clandestini, circa il 2,5% dei lavoratori in nero, in lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2012.
Il lavoro irregolare è diffuso in tutti i settori di attività economica, tuttavia la quota del lavoro nero si annida maggiormente in agricoltura (58% degli irregolari) e nell'edilizia (43%).
Tutti gli altri fenomeni, quali ad esempio appalti illeciti, l'uso non corretto del contratto di somministrazione (7.548 numero di lavoratori coinvolti) e le violazioni della disciplina in materia di orario di lavoro (10.082 lavoratori) subiscono una decisa riduzione.
Violazioni rispetto alle norme di prevenzione e sicurezza del lavoro sono state riscontrate in 24.316 aziende, pari al 25,8% delle aziende ispezionate, con una diminuzione di 5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012.
Infine, nonostante gli irrigidimenti previsti dalla legge 92 del 2012, si riscontra un aumento del le "riqualificazioni" dei rapporti di lavoro, che avvengono nel caso in cui l'ispettore giudica diversamente un rapporto di lavoro, sia dipendente sia autonomo, come nel caso delle collaborazioni a progetto non genuine e delle false partite Iva. Le riqualificazioni nel periodo gennaio-settembre 2013 sono complessivamente 14.520, corrispondenti a circa il 26% dei lavoratori irregolari, con un aumento di 6 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Dal punto di vista finanziario, le sanzioni per le irregolarità riscontrate ammontano complessivamente a 78,1 milioni di euro, con una diminuzione di circa 13 milioni di euro (-14,2%) rispetto all'anno precedente.
Si allega la tabella dei dati
Roma 29 novembre 2013”

Domanda: visto che sono scattate le indagini, gradiremmo sapere nome e cognome di chi sapeva e non ha adempiuto ai suoi doveri di ufficio. E di chi, dall'alto, o non ha controllato se determinate attività ispettive venivano svolte con la dovuta incisività o si è adoperato, dati i rilevanti interessi economici italiani alla presenza di queste realtà apparentemente solo cinesi, affinchè veri controlli non venissero fatti.
E poi: in Italia gira la voce che quando viene denunciato qualcosa che non va nei luoghi di lavoro è vero che le ispezioni vengono disposte ma molte volte avvisando, da parte di funzionari e dirigenti pubblici infedeli, i datori di lavoro interessati con congruo anticipo in modo che possano salvarsi.
Domandiamo alle Forze dell'Ordine e alla Magistratura: sono mai state fatte indagini e intercettazioni sulla reale consistenza di questo fenomeno? E se si trattasse di una pratica corrente, in quali reali condizioni di sicurezza opererebbero milioni di lavoratori italiani e stranieri?
Se questi sono i risultati dell'attività di vigilanza non sarebbe meglio che le relative funzioni venissero tolte a chi non le sa esercitare da decenni e, nell'ambito di una spending review, fossero affidate a soggetti più seri, ad esempio alle Forze dell'Ordine, direttamente? Chiudendo rami della Pubblica Amministrazione che da anni dimostrano di non servire a nulla (ovviamente salvaguardando il posto di lavoro solo per coloro che fino ad oggi vi hanno lavorato seriamente)?
E infine non sappiamo se chi di dovere in Italia riuscirà a perseguire gli eventuali responsabili nostri connazionali di questa sciagura ma se ciò avvenisse ci piacerebbe che venissero, per scontare la pena, affidati , per una volta, alle Autorità Cinesi......

AGL
 

giovedì 28 novembre 2013

ALAPMI-AGL (Lavoratori Artigianato e PMI) : PER LE PICCOLE IMPRESE MENO TASSE E BUROCRAZIA MA ANCHE DIRITTI, SOLDI E PARI DIGNITA' PER I LAVORATORI. SOLO COSI' POTRANNO VERAMENTE SOPRAVVIVERE

(immagine da: www.pixabay.com)


Da www.ansa.it : “””””””””

'Pagati non per lavorare, ma per scioperare'

'Troppe tasse, vorrei assumere ma non ci riesco'

27 novembre, 17:25

SANTA MARGHERITA LIGURE (GENOVA) - Pagati non per lavorare ma per scioperare. Succede a Santa Margherita Ligure dove un impresario edile, Fabrizio Martin, ha assicurato lo stipendio della giornata ai suoi dipendenti che si è portato in piazza per protestare.
Martin è l'esponente locale di Icr (Imprese che resistono), giovane associazione di commercianti, artigiani, piccole imprese e partite Iva chiamati a raccolta oggi per una serrata nazionale di quattro ore contro le tasse troppo alte. "Vorrei assumere un dipendente in più - rivela Martin - ma non ci riesco. A me un lavoratore costa 3.800 euro al mese, in tasca al dipendente vanno 1.500 euro; 1.700 sono di tasse e 500 di cassa edile. Non è possibile andare avanti così". Aggiunge: "Vorrei una legge che mi dicesse: assumi a un costo più basso e poi se io, Stato, in cantiere trovo un lavoratore in nero tu chiudi. Oggi invece chi vuole fare le cose in regola non ce la fa. E prolifera il lavoro nero, tanto l'imprenditore al massimo prende 2.000 euro di multa e finita lì". Nel Tigullio circa 250 attività hanno aderito alla serrata.”””””””””

COMMENTO ALAPMI-AGL Lavoratori Artigianato e Piccole e Medie Imprese:

L'AGL guarda con interesse a queste nuove associazioni (ICR. CONFAPRI, ecc.) che danno voce alle imprese che stanno per morire nel nostro Paese. Condividiamo molte delle loro proposte e non escludiamo futuri contatti, confronti e iniziative comuni. Come ALLEA (lavoratori edilizia) http://allea-agl.blogspot.it da tempo ci siamo scagliati contro l'obbligo di adesione alla Cassa Edile (partita con le migliori intenzioni ma oggi, di fatto, l'ennesimo regalo della burocrazia ministeriale a carrozzoni di emanazione sindacale) e come ALP (lavoratori pubblici) http://alp-agl.blogspot.it abbiamo fatto molto di più, attraverso precise proposte , per dire chiaramente che è ingiusto che il lavoro dipendente venga tassato in quella maniera e in quelle dimensioni, suggerendo ai lavoratori del settore come rendersi protagonisti del cambiamento, riscattandosi una volta per tutte dall'immagine con cui vengono dipinti. Aggiungiamo pure un ulteriore costo, quello della piccola corruzione a beneficio di funzionari pubblici infedeli, che molte PMI sono costrette a subire. Una cosa però la vorremmo dire: così come queste nuove esperienze associative stanno mettendo l'accento su argomenti trascurati dal grande associazionismo imprenditoriale e dalle grandi imprese, dicendo cose sacrosante, dimostrino di essere innovativi anche su un altro piano , non meno importante: la necessità che si volti pagina in merito al comportamento recente, di ogni tipo di impresa o datore di lavoro, nei confronti dei diritti di ogni lavoratore. Se è vero infatti che imprenditore e lavoratore nelle micro, piccole e medie imprese sono molte volte solidali perchè vivono gomito a gomito , altrettanto frequentemente accade che questi ambiti lavorativi si trasformino in inferno per tante persone che spesso, anche sindacalmente, restano sole, senza tutele e garanzie, vittime di leggi ingiuste là dove limitano le prerogative sindacali per le aziende sotto i 15 dipendenti. Un lavoro sicuro e dignitoso non è un lusso ma è condizione affinchè qualsiasi impresa possa sopravvivere ed essere competitiva valorizzando il fattore più prezioso. Non si chieda quindi ai lavoratori, seppure anch'essi afflitti dalla crisi di rappresentanza delle loro vecchie organizzazioni sindacali, in nome della lotta per la sopravvivenza, di contribuire a costruire nuove ingiustizie né a rinunciare a far valere , tramite un sano conflitto sociale, irrinunciabile nelle democrazie e nelle economie libere, le loro legittime e più moderne istanze
Per saperne , comunque, di più:
SITO CONFAPRI http://www.confapri.it/

ALAPMI-AGL Alleanza Lavoratori Artigianato e Piccole e Medie Imprese aderente alla AGL




sabato 8 giugno 2013

CON L'ARRIVO DI COSTEL IONITA L'AGL DIVENTA SEMPRE PIU' FORTE TRA GLI AUTOTRASPORTATORI ROMENI !

                                                                 (nella foto: Costel Ionita)

 COSTEL IONITA, a cui diamo il benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è stato appena nominato:
* Vice Responsabile Nazionale AUTOTRASPORTATORI Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori TRASPORTI aderente alla Confederazione AGL)
* Vice Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Vice Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori EMIGRATI E IMMIGRATI aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 3275956303 ; e-mail: pavel-pavel@live.it
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it

mercoledì 5 giugno 2013

PAVEL AUREL, UNO DEI LEADER DEGLI AUTOTRASPORTATORI ROMENI , ENTRA IN AGL !


                                                                 (nella foto: Pavel Aurel)

Il Dott. Pavel Aurel, a cui diamo il benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è stato appena nominato:
* Responsabile Nazionale Autotrasportatori Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori Trasporti aderente alla Confederazione AGL)
* Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori Emigrati e Immigrati aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 0039-3208877745; 0039-3896938469; 0040-769455194








venerdì 17 maggio 2013

SOSPENDERE (E QUANTO PRIMA ELIMINARE) L'IMU SUI CAPANNONI INDUSTRIALI E NEL COMPARTO TURISMO E COMMERCIO: FACCIAMONE ANCHE COME LAVORATORI LA NOSTRA BATTAGLIA (SE ASPETTIAMO “DAVIDE” LETTA...)

Di solito non siamo mai d'accordo con Confindustria e Confcommercio che, non a caso, hanno scelto come proprio partner preferenziale la triplice sindacale. Due facce della stessa medaglia, di quella rappresentanza del mondo produttivo che ha contribuito, con la sua iperpoliticizzazione e il suo servilismo alla politica, alla rovina economica del paese. Però stavolta dobbiamo dare loro ragione. Va bene che ormai questi settori (PMI, Artigianato, Turismo, Commercio) sono “più di là che di qua”. Ma proprio perchè il massaggio cardiaco dura da tanto tempo e certe fatiche vanno ricompensate, ci sembra opportuno che questa volta il governo permetta al soccorritore di continuare il suo tentativo.Ci auguriamo che lo schieramento “trasversale” che sin d'ora, in Parlamento, si sta formando per rimediare al disastro in sede di emendamenti al decreto, si allarghi sempre di più.Si dice che la estensione era nelle intenzioni ma che problemi tecnici insormontabili non lo hanno consentito. Ci risulta però che da tempo certe poltrone decisionali siano ad esclusivo appannaggio dei supertecnici che evidentemente quando hanno accesso alle stanze dei bottoni ministeriali si trasformano in fretta da formiche a cicale, da piloti abilissimi della finanza pubblica a (finti) imbranati neopatentati. Forse perchè quando le coperte sono corte già si sa da dove la forza che le tira a sé è più debole (ossia meno tutelata politicamente)? Ci risulta che i tempi siano stretti (per l'imminenza del pagamento della rata e per i vincoli europei) e che il governo sia pronto a blindare il decreto, non consentendo emendamenti. E per fortuna che Enrico Letta, l'astro nascente, ha detto, nel discorso per la Fiducia "Ho pensato molto al personaggio biblico di Davide nella valle delle nostre paure davanti al Golia di sfide gigantesche. Dobbiamo spogliarci della spada e dell’armatura che ci appesantirebbero. Ci serve il coraggio di mettere da parte prudenza politica e la fiducia”. Evidentemente è bastato il primo ostacolo, la gestione della patata bollente IMU, a far riconsiderare al personaggio biblico evocato, ammaliato anch'esso dalle atmosfere ministeriali, l'opportunità di rimettersi la corazza e di lasciare la spada ad Equitalia che busserà con essa alla porta dei produttori in difficoltà. Che eroe!

SOSPENSIONE MA NON SOPPRESSIONE DELL'IMU: JUST AN ILLUSION

L'AGL valuta come pasticciata e inefficace la sospensione dell'IMU. Noi eravamo (e siamo) per l'eliminazione e la restituzione della stessa. Contrariamente a quanto affermato da tanti ideologhi schierati, riteniamo che le imposte non debbano avere valenza punitiva (penalizzare in maniera fine a se stessa le ricchezze accumulate) ma essere modulate in maniera da creare la combinazione più credibile affinchè alla fine della fiera, il risultato sia maggior reddito prodotto e ricchezza generata.
Chi sono in Italia i proprietari di quegli immobili di recente sommersi fino al collo dall'IMU? Fondamentalmente dei risparmiatori (perchè il canale fondamentale del risparmio in Italia è (era?) l'investimento immobiliare).E e quindi, per lo più, lavoratori. Per di più indebitati per i mutui contratti. Quindi cornuti e mazziati. Analoghe perplessità abbiamo sempre avuto per altri due totem spesso evocati sempre dalla stessa corrente di pensiero. Le tasse sulle transazioni finanziarie e quelle sul lusso. Riflettiamoci bene: non cancellano le ingiustizie ma tagliano le gambe a settori che creano lavoro e reddito, dirottando altrove denaro e investimenti. E creando quindi le condizioni per maggiore disoccupazione, alla lunga e bassi stipendi nel breve. E quando si dice che queste risorse andrebbero a finanziare servizi essenziali, si mente sapendo di mentire. Perchè tutti sappiamo che il grosso di esse (anche nei Comuni, indipendentemente dal loro colore politico) va a alimentare la macchina burocratica, le consulenze concesse a amici degli amici e gli appalti inutili. Le famiglie e i più deboli abbandonati sono e tali continueranno ad essere. Non è possibile che nelle Amministrazioni pubbliche si pratichi costantemente la politica dei due tempi: prima i soldi (da divorare) poi riforme, razionalizzazione, dimagrimento, riorganizzazione (mai visti). E' un gigantesco imbroglio che solo una minoranza degli italiani, per il momento è riuscita a cogliere e a trasformare in controproposta politica. Il risparmio va agevolato, non disincentivato (ci risulta che paesi più evoluti del nostro stiano facendo proprio il contrario del governissimo) E poi una domanda: se voi foste tra i proprietari di immobili interessati, come reagireste a questo salto nel buio della sospensione (e non della soppressione) dell'IMU? Avreste le idee più o meno chiare sulle vostre prospettive di risparmio, sul destino dei vostri soldi, sull'opportunità o meno di consumare di più? Vogliamo dire che, agendo in tal maniera, il governo non ha messo di fatto più saldi nelle tasche degli italiani , da dirottare in più consumi, ma ha congelato a tempo indeterminato e incerto quelli che pensiamo siano ancora soldi nella nostra disponibilità. E soprattutto non ci ha rassicurato su che fine farà il risparmio in immobili. Come faremo a stupirci se a breve constateremo fenomeni evasivi tesi a salvare il salvabile da parte del contribuente-risparmiatore?

martedì 16 aprile 2013

IL TAPPO DELLA BUROCRAZIA SUL RIMBORSO DI 40 MILIARDI ALLE IMPRESE

Contrariamente a quel che appare, occorre sapere che la spinta al rimborso dei crediti delle imprese nei confronti delle PA non viene asolutamente dal governo italiano e dalla sua burocrazia nè dalle forze politiche che hanno governato finora.Come per tante altre innovazioni avute in questi anni in Italia , l'impulso decisivo viene dalla Commissione Europea ed è il prodotto di un lavoro di tre anni.Si tratta in realtà di una sconfitta della burocrazia italiana, in quanto il decreto è stato un atto obbligato per uniformarsi alle direttive europee.Nei prossimi mesi la Banca d'Italia, il Ministero dell'Economia, la Regioneria Generale dello Stato, i Ministeri, tutte le Pubbliche Amministrazioni faranno di tutto pur di rallentare e ritardare questo impegno. Già la tempistica per fornire al governo da parte di ogni PA l'elenco dei debiti (qualcosa che non si è fatto per anni e che si vorrebbe realizzare in due settimane) appare fuori dalla realtà e gli esperti concordano che tutto l'apparato del decreto non sia altro che il progetto di un gigantesco rubinetto non in grado di erogare alcunchè, se non, almeno, di fatto, tra una decina di mesi.Ossia quando tante imprese saranno cessate e tanti imprenditori ancora suicidatisi.Una enorme, gigantesca presa in giro che non sta denunciando nessuno , all'interno delle Pubbliche Amministrazioni, men che meno i sindacati i quali nella peggiore delle ipotesi sono collusi con l'alta dirigenza, nella migliore sono timorosi di evidenziare inefficienze per eventuali reazioni dell'opinione pubblica che portino a chiedere ulteriori tagli occupazionali nel pubblico impiego.E costoro non si rendono conto di aver perso una irripetibile occasione per schierare i funzionari pubblici con la parte produttiva del paese togliendoli dalle grinfie dei parassiti raccomandati col colletto bianco. E' indubbio infatti che la popolarità dei dipendenti pubblici (quella che manca loro da trent'anni e che pian piano li ha condotti al decadimento professionale e retributivo) cambierebbe di colpo se dimostrassero di sapersi meglio scegliere le amicizie e i sindacati e di avere a cuore innanzitutto la salute del loro assistito (il cittadino) anche se l'ospedale in cui lavorano (la loro amministrazione) ha vistose carenze strutturali

BANCHE, ITALIA-GERMANIA: E SE STESSIMO MEGLIO NOI?

Se ne parla poco ma a livello di Bce è in corso un passaggio delicato su una questione decisiva: l'uniformità in tutta Europa della vigilanza bancaria. Da una parte tira Draghi, dall'altra le banche tedesche oppongono una inattesa resistenza. Si capisce che è difficile parlare di queste cose in un momento in cui, a livello mediatico, la reputazione delle maggiori banche italiane è ai minimi storici. Però alcuni dati erano già noti e non contestati. Ad esempio che le banche italiane soffrissero da tempo uno svantaggio competitivo rispetto alle loro concorrenti straniere che si traduce in un sensibile gap sui costi del credito concesso, soprattutto, in Italia, alle piccole e medie imprese. E nella minore libertà di azzardare operazioni all'estero più agevoli per controlli meno ossessivi. In più a pochi è noto che il famoso segreto bancario in Italia non esiste più mentre resiste in alcuni paesi addirittura della Ue che poi guarda caso fungono da polo di attrazione per le imprese italiane costrette ad emigrare. In Italia le grandi banche sono nel mirino, tra le altre cose, in quanto gestite dalle fondazioni bancarie governate dalla politica. Nell'insospettabile Germania sembra che perfino a livello regionale esistanto banche locali pesantemente colluse con la politica per comportamenti e finanziamenti non del tutto trasparenti. Unificare l'Ue dal punto di vista bancario significherebbe rivoltare, in maniera imbarazzante, questo macigno, scoprendo, magari, che in Europa ogni mondo è paese (ivi compresa la severissima Germania). Certo, crollerebbe un mito per molti.In Italia però questa battaglia sul processo di unificazione europea delle banche, che provocherebbe clamorose conseguenze sulle regole e sul sistema di vigilanza, sembra interessare pochissimo quei sindacati bancari che antepongono gli interessi dei loro amici di partito (politici locali e banchieri fedeli) al risanamento e al rilancio competitivo delle nostre aziende bancarie. Con i risultati (sia in termini penali che occupazionali) che stiamo ammirando in questi giorni.

MA TU VULIVE 'A PIZZA

La notizia è sorprendente: secondo i calcoli della Federazione Pubblici Esercizi della Confcommercio, in Italia mancano 6.000 pizzaioli. Se li avessimo, sarebbero, in breve, 6.000 posti di lavoro in più , già belli e pronti. Ma non c'è niente da fare, in Italia queste cose semplici stanno al palo. Non vogliamo guardare in faccia alla realtà. Se ne parla poco sugli organi di stampa (se non nelle pagine del gossip e delle curiosità), non se ne occupano gli amministratori pubblici e le strutture preposte alla gestione del mercato del lavoro e della formazione. Ma, quel che è peggio, in un momento in cui ci sono lavoratori che si suicidano o iniziano a tremare per il prossimo esaurimento dei fondi per la cassa in deroga, nessun sindacato prende in mano questa battaglia di modernità, simile a molte altre. Si organizzano solo scioperi inutili (contro chi?), cortei e comizi fini a se stessi che alimentano rassegnazione, frustrazione e incertezza. A cosa serve aver fatto la scelta di non mettere in discussione l'economia di mercato, in nome di libertà e democrazia, quando se ne nega uno dei caposaldi, la possibilità e l'utilità di cambiare lavoro e settore quando l'economia lo richiede?Ce lo spieghino i nostri concorrenti sindacali: perchè non iniziamo a dare una mano a questi primi 6.000 italiani a trovarsi una nuova attività?Per non perdere tessere sindacali e trattenute mensili?

giovedì 11 aprile 2013

AL VIA A MILANO IL PROCESSO PER L'AVVELENAMENTO DI UN FARMACISTA DA PARTE DI UN IMPRENDITORE DELL'AUTOTRASPORTO: IPOTESI INQUIETANTI AL VAGLIO DEI GIUDICI


Molti ricorderanno il fatto di cronaca che ebbe qualche tempo fa risonanza nazionale. L'anomalo omicidio, tramite avvelenamento, da parte di un imprenditore in difficoltà dell'”amico” farmacista.
La vicenda torna alla ribalta (lo testimonia l'articolo apparso ieri sulla cronaca milanese di Repubblica e che qui riportiamo) perchè è arrivato il momento dell'inizio del processo. Saranno i giudici a dirimere la questione e non sarà un compito facile. Certo, la linea difensiva dell'imprenditore scelta da parte dell'Avvocato Andrea Benzi, del Foro di Milano, se le gravi ipotesi che innanzitutto la Squadra Mobile ha avanzato (delitto consumatosi all'interno di un giro di usura in cui sono coinvolti anche pregiudicati appartenenti a clan mafiosi) saranno confermate dai giudici , non potrà non dipingere anche un preoccupante affresco delle condizioni nelle quali la piccola impresa oggi si trova a operare nel nostro Paese, in particolare al nord. L'imprenditore, Gianfranco Bona, era a capo di una impresa dell'autotrasporto che contava una ventina di dipendenti. Il nostro Sindacato, l'AGL, si è adoperato in prima persona, nei mesi scorsi, tramite accordi individuali stipulati in sede sindacale, affinchè per i lavoratori fosse garantita una uscita indolore dall'azienda ormai cessata e a rischio di fallimento. Una vicenda amarissima che dimostra come due questioni, pur da tempo all'ordine del giorno della polemica politica (le Pubbliche Amministrazioni che non saldano i propri debiti con le imprese fornitrici e il ruolo sconcertante da parte del sistema bancario nel creare più difficoltà possibili al sistema delle imprese e ai suoi lavoratori) irrisolte per mancanza di volontà da parte di chi ha governato finora il Paese, stanno mietendo vittime (pensiamo ai suicidi) tra imprenditori, professionisti e soprattutto i lavoratori e le loro famiglie che finiscono sul lastrico. In Italia si suol dire che il potere pubblico si muove tardi sulle situazioni più a rischio e solo quando ci scappa il morto. Ecco, qui non solo i morti ci sono da mesi ma abbiamo l'impressione che un po' tutti ci stiamo facendo l'abitudine. Non solo quindi un paese in decadenza per la crisi globale ma, purtroppo , un'Italia che sta sempre più sprofondando nell'indifferenza, nella violenza e nella barbarie. Inutile dire che se è la mafia l'unico prodotto italiano per il quale va a gonfie vele sia l'esportazione (valga a dimostrarlo l'ultimo libro di Saviano in cui si osserva che il modello italiano è sempre più il punto di riferimento per le più spietate cosche nel mondo) sia il mercato interno (assieme all'usura può entrare nelle vite di tutti, come questo fatto di cronaca conferma) allora sono in pericolo la convivenza civile e la democrazia. E significa pure che la spinta propulsiva delle vecchie associazioni anti mafia e anti usura forse si è esaurita e finalmente è arrivata l'ora che ogni partito, ogni sindacato (come noi dell'AGL), ogni organizzazione datoriale, ogni ordine professionale debba prendere in mano queste bandiere, senza più delegarle ad avanguardie solitarie.

sabato 23 marzo 2013

CREDITI DELLE IMPRESE FORNITRICI NEI CONFRONTI DELLA P.A.: CI SIAMO DIMENTICATI L'ISTITUTO DELLA “COMPENSAZIONE” TRA CREDITI E DEBITI VERSO L'ERARIO?

Qualche tempo fa evocammo una bufala per qualificare la novità della Srl “senza spese notarili “(ma con carico fiscale intatto) . Ecco possiamo ora dire che grazie a Passera quella bufala ha trovato il marito: il “rimborso” alle imprese dei crediti vantati nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni. E' un coro di lamentele e delusioni da parte di tutte le organizzazioni datoriali e le grandi e piccole imprese. Perfino l'ABI (Associazione Bancaria Italiana) ha preso coraggio e dopo la bufera Mussari il nuovo presidente ha sfacciatamente partecipato al coro criticando il governo. Come si diceva in campagna (continuiamo nel filone zootecnico”) è un po' “il bue che dice cornuto all'asino”.
Ma ciò che è più comico è il seguito. Data per scontata l'impossibilità di trovare i soldi occorrenti per tener fede alla promessa (che, al contrario della restituzione dell'IMU, era stata fatta da tutti in campagna elettorale) è un fiorire di ipotesi su quale sia il soggetto cui infliggere il salasso. In particolare ora si parla delle entrate dei Comuni e delle Regioni (non si parla per pudore delle provincie che tutti danno per abolite e invece sono ancora lì come se niente fosse).
Nessuno ricorda invece che il problema sarebbe già risolto se si consentisse piena e generalizzata applicazione di un principio di civiltà da anni recepito nella nostra normativa: la possibilità che il contribuente (tali sono le imprese di cui si parla) possa compensare i debiti verso l'Erario con i crediti vantati nei suoi confronti. Certo, diminuirebbe di colpo il gettito e questo non potrebbe permetterselo una macchina burocratica ipertrofica e autoreferenziale, difetti dei quali abbiamo parlato più volte in altri interventi. Indicando anche la soluzione: riorganizzando da zero la Pubblica Amministrazione, costringere le banche, se necessario minacciandole di esproprio, a concedere credito alle imprese, smetterla di ammazzare di tasse il Paese. E se fosse proprio questo l'oggetto del contendere e il motivo dello stallo politico?


PERCHE' , NELL'INTERESSE DEI LAVORATORI, SAREBBE UTILE CHE GRILLO, SE ALL'OPPOSIZIONE, INIZIASSE A COSTITUIRE UN “GOVERNO OMBRA”

Si ha la sensazione che un po' tutti in Italia si sia vittime di una illusione ottica. Si guarda il dito (l'incapacità dei tre schieramenti e mezzo di mettersi d'accordo) e non si osserva la luna: la realtà di un Paese spaccato socialmente e che non può trovare un compromesso in economia. La via d'uscita non è in un accordo tra partiti (poiché essi rappresentano solo una società politica allargata) ma tra componenti antagoniste della società italiana che induca i partiti a svolgere il loro compito di sintesi politica.
La vicenda dei crediti delle imprese nei confronti della Pubblica Amministrazione è esemplare. Non ha funzionato la ricetta di Monti (far scontare questi crediti dalle banche le quali si sono tirate indietro perchè, a differenza del passato, oggi lo Stato è valutato come un soggetto inadempiente), non ha convinto la soluzione Grilli innanzitutto Confindustria ma anche le altre rappresentanze imprenditoriali. Con i tempi che corrono, occorre veramente una gran faccia tosta a stampare titoli del debito pubblico e a tentare di pagare con quelli, anziché con soldi veri, imprese ormai alla canna del gas. Senza contare poi i tempi di pagamento eccessivamente lunghi (18 mesi) e il fatto che il pagamento non sarebbe completo ma solo il 20% del necessario. Come scusante per il governo (uscente?) c'è senz'altro da dire che lo stesso ha il compito di sbrigare solo gli affari correnti in attesa di passare la mano al nuovo. Ma per gli osservatori e per coloro che incrociano le armi della dialettica su questa questione non ci sono scusanti. Se lo Stato non ha più soldi veri in generale da spendere non si capisce come e con quali risorse potrebbe pagare i 48 miliardi chiesti da Squinzi. Noi, modestamente, avevamo evidenziato la contraddizione già la settimana scorsa. Possiamo capire il gioco della polemica politica ma vorremmo ricordare che da un po' di tempo ci sono imprenditori e lavoratori che si suicidano perchè le loro aziende vanno in rovina e ciò non senza colpe da parte della politica e della pubblica amministrazione. Quindi non scherziamo. Su questa questione è chiaro come vi sia una tensione tra burocrazia da una parte (rappresentata politicamente da chi sappiamo) e mondo della piccola impresa (a sua volta rappresentata da un altro schieramento) . Quella dei fondi per gli ammortizzatori sociali (che si dice si esauriranno entro l'estate) è un'altra bomba ad orologeria. Finanziarli significa dover aumentare le tasse, ma aumentarle significa spingere ancor più nel burrone quelle aziende che hanno esubero di lavoratori. Anche qui si registra una tensione tra mondo delle imprese da una parte , lavoratori, burocrazia. Tre soggetti che stanno affogando, che per salvarsi cercano di appoggiarsi sugli altri due. Tra i tre quella che ha maggiori possibilità di salvarsi nell'immediato è la più grassa, quella che galleggia meglio. Ma alla lunga, senza ripresa della produzione, dei salari dei consumi e del gettito, anche il suo destino sembra segnato. Iva e Imu , la loro modulazione, ripropongono lo stesso duello. Non si può chiedere ai partiti (o ad alcuni di essi) di “decidersi”, di provare a governare assieme se prima non si risolve a monte questo conflitto di interessi. Nel quale, purtroppo, il mondo del lavoro sembra incastrato dalla storica convergenza e alleanza di fatto (e sintetizzata all'interno di un preciso schieramento) tra lavoratori e l'insieme degli interessi dello Stato e della burocrazia. Altre forze hanno dimostrato di intuire questo stallo ma di non essere ancora in grado di proporre al Paese una sintesi praticabile. Non è un problema di percentuali né di esperienza, ma di identità: se si è o vuole essere soggetto rivoluzionario nel panorama politico occorre pagare un prezzo in termini di spendibilità nelle istituzioni o nel governo. Nelle democrazie anglosassoni, le più antiche, esiste un istituto, quello del “governo ombra” che obbliga l'opposizione a formare nelle sue fila un governo parallelo che dimostri, con la serietà delle proposte di essere una seria alternativa al governo in carica, preparandosi al proprio turno. Oggi in Italia abbiamo una presenza che si propone, a suo modo, come una alternativa , non solo politica ma di sistema. Tutto molto bello ma il problema è che nel frattempo il Paese sta morendo e, in buona parte dell'elettorato, si sta insinuando il dubbio se sia stata una buona scelta quella di produrre uno shock politico di tale portata. Si parla di proposte valide ma dalla dubbia copertura finanziaria e organicità. Quindi realizzabilità. Purtroppo questo non è il momento di sognare, ma di “fare”, innanzitutto nell'interesse dei lavoratori che faticano a intravvedere l'uscita dal tunnel. Non sarebbe ora che la principale forza di rottura emersa dalle elezioni dimostrasse ai lavoratori la propria concretezza formando un”governo ombra” che ci faccia toccare con mano la serietà di determinati intenti, abilmente esposti in una magistrale campagna elettorale?Chissà che non possa servire per far decidere i dubbiosi e per farci uscire dall'inconciliabilità tra i sopra evocati interessi sociali opposti , retrostanti agli attuali schieramenti politici.


domenica 17 marzo 2013

L'ANCI HA RAGIONE: SBLOCCHIAMO I PICCOLI CANTIERI

In Italia 20.000 cantieri sono fermi per colpa del patto di stabilità interno.Nove miliardi di euro fermi che se sbloccati potrebbero aiutare i consumi delle famiglie e la salute delle imprese.
Ci associamo all'appello dell'ANCI Associazione dei Comuni Italiani. I Comuni sono pronti a sforare il patto di stabilità. L'Anci farà una manifestazione il 21 marzo a Roma per protestare contro il Patto di stabilità interno . L'AGL aderisce a tale iniziativa che punta ad ottenere una deroga una tantum a livello europeo visto che abbiamo un avanzo primario tra i migliori dei paesi europei. Dunque, un rinvio del pareggio di bilancio.


ECONOMIA: SAPER DISTINGUERE TRA FALSE E VERE SOLUZIONI

Concordiamo con chi osserva che la pur vituperata cura Monti stia producendo, a confronto con altri paesi, pure indebitati meno di noi, un miglioramento relativo della nostra situazione, facendo riferimento al tasso di crescita del debito, al debito aggregato, alla solidità patrimoniale e all'avanzo primario. E ci richiama al rischio che una minore crescita del debito, però, possa condurci ad una maggiore recessione. Pure sul fatto che la maggiore pressione fiscale porti a minore competitività e minori consumi. I dati della nostra industria manifatturiera, della meccanica, dell'agricoltura, rapportati a quelli della concorrenza internazionale, sarebbero confortanti se non fosse per il crollo del nostro mercato interno e per lo svantaggio fiscale comparato delle nostre aziende. La soluzione potrebbe essere quella di forzare i vincoli europei accelerando i pagamenti alle imprese dei debiti della PA e frenare la pressione fiscale. Ma quest'ultima , se attuata, comprometterebbe, riducendo il gettito, la possibilità, per lo Stato, così come organizzato (male) di effettuare i primi. Ecco perchè riteniamo che le vere soluzioni siano due: riorganizzare da zero la Pubblica Amministrazione perchè è solo lì che possono aversi veri risparmi e combattere e vincere la guerra contro il credit crunch iniziando, come Stato, a minacciare di esproprio e nazionalizzazione le imprese bancarie che perseverassero in questa condotta restrittiva del prestito alle imprese e alle famiglie. E' questa la vera, ultima battaglia, da vincere per riappropriarci del nostro destino. Più urgente della riforma elettorale (che non faranno), della riduzione dei costi della politica (importante per il segnale, non per le quantità) e dell'inseguimento di fantasmi analoghi.
La discriminante vera dello scenario politico nell'immediato futuro sarà tra chi vorrà veramente combattere questa guerra nello Stato e nelle Banche e chi non avrà interesse a farlo, resistendo passivamente e in maniera opportunistica ed attendista. Il contesto potrà essere di ripresa dalla crisi o , come si mormora, di fallimento e rovina, ma questo non è prevalentemente nelle nostre mani. La battaglia interna, invece, si.


domenica 3 marzo 2013

RAPPORTO IMPRESE/FAMIGLIE/BANCHE: RISPETTO PER I SUICIDI MA NON ARRENDIAMOCI

Quasi tutti individuano nel rapporto tra banche e imprese il punto di massima tensione in questa lunga fase di crisi finanziaria internazionale e recessione. Chi ha buona memoria però sa che il problema è di lunga data e mai risolto. Soprattutto in Italia possiamo sicuramente individuare un ritardo ancora più grave che altrove. I piccoli imprenditori (e i loro dipendenti, di riflesso) , lo dicono i dati, sono coloro completamente avvinghiati da questo mostro che oggi è rappresentato dal sistema creditizio. Sono crollati i finanziamenti alle aziende e quelle tra loro che ancora non hanno chiuso e riescono a pagare i loro dipendenti addirittura erogano i già magri stipendi a rate. E la stessa vita di molte aziende è messa in discussione da insolvenze e sofferenze. Prima ancora dello tsunami di Grillo è quello dei protesti che sta sommergendo l'Italia. Un taglio senza precedenti dei finanziamenti a medio termine delle imprese e dei finanziamenti alle famiglie, la diminuzione dei mutui, del mercato immobiliare e del settore edilizio (ad opera della maledizione chiamata IMU) nonché del credito al consumo, fa dire agli osservatori che è la poca liquidità il tratto caratterizzante l'attuale situazione. A fronte del dato in controtendenza dell'aumento dei prestiti bancari alla Pubblica Amministrazione (evidentemente più temuta dal sistema bancario) è l'aumento dei tempi di pagamento quello che ha strangolato le imprese. E per di più il disagio è maggiore nelle zone del Paese meno sviluppate economicamente.
Fin qui i comportamenti “macro”. Che tuttavia , nella realtà quotidiana di molti piccoli imprenditori, sfociano in drammi e tragedie. E' da mesi uno stillicidio di morti da usura e anatocismo bancario. E' una tipica guerra impari tra una potenza atomica da una parte (il potere bancario che mette al primo posto il proprio tornaconto e interesse, che conta potenti connivenze nello Stato, nelle istituzioni, nei CdA delle aziende ) e i comuni cittadini, schiacciati come formiche e debolmente tutelati da blande associazioni datoriali che fanno finta di non vedere o si sentono improvvisamente impotenti di fronte a questi attacchi . E intanto muoiono imprenditori, lavoratori, chiudono aziende, famiglie finiscono sul lastrico e, facendo terra bruciata del settore produttivo, si uccidono sul nascere le prospettive di ripresa del nostro Paese. Noi dell'AGL abbiamo scelto di combatterla, invece, questa guerra e di vincerla, stipulando, sin dalla nostra nascita, una convenzione con società che attraverso potenti software sono in grado di individuare con precisione anomalie (anatocismo e usura, illeciti civili e penali) nel comportamento delle banche e a quantificare quanto l'imprenditore potrebbe recuperare, cercando di raggiungere l'obbiettivo attraverso una strategia personalizzata tesa a scongiurare il ricorso a una giustizia ancora troppo lenta e costosa, valorizzando i mezzi di pacifica risoluzione delle controversie tra privati. Per sapere come percorrere questa possibilità, basta consultare le istruzioni e i riferimenti già presenti nei nostri siti e contattarci. Non ci risulta che altri sindacati stiano facendo cose altrettanto concrete. Titoloni quando muore suicida un imprenditore o un lavoratore, quando in una famiglia scoppia una tragedia ma poco o nulla per prevenire tutto ciò. E' triste che in un paese che si dice civile esistano ancora questi diffusi comportamenti di sottomissione da parte di forze sociali, alternative e antagoniste solo a parole, al potere economico. Prima o poi un tale problema potrebbe toccare ognuno di noi. Meglio combattere, prima che sia troppo tardi.

domenica 24 febbraio 2013

REDDITOMETRO BOCCIATO: EVVIVA IL PENSIONATO DI POZZUOLI!

Non c'erano riusciti sindacati più o meno rappresentativi a mettere in crisi, su vari temi,esterni e interni, il Dott. Befera e l'Agenzia delle Entrate. L'impresa è riuscita a un pensionato di Pozzuoli (NA) . Il 4 gennaio è partito il redditometro ma il viaggio è durato poco. Un pensionato di Pozzuoli ha fatto causa al Fisco per tutela della Privacy e un giudice del Tribunale di Napoli gli ha dato ragione, vietando il redditometro.Motivo: porta alla soppressione del diritto del contribuente e della sua famiglia a una vita privata.Il giudice inoltre articola una interessante illustrazione delle incongruità dello strumento che non considera le differenze nel costo della vita tra i territori, rischiando di identificare come eccessivamente alto rispetto al reddito un determinato tenore di vita. Ovviamente l'Agenzia delle Entrate ricorrerà, il nuovo governo probabilmente metterà mano allo strumento per calibrarlo meglio, quello che ci domandiamo solamente è: le nove banche dati a cui attingerebbe l'Agenzia delle Entrate , costate al contribuente miliardi e che certo non hanno indotto risparmi , non sarebbe meglio fossero unificate e indirizzate a incrociare meglio i dati degli italiani che non siano (una volta tanto) dipendenti o pensionati? In attesa che la giustizia migliori e che la macchina fiscale venga semplificata, razionalizzata e meglio indirizzata, prendiamo atto che si tratta di un gran giorno per la Libertà e dell'ennesima debacle della P.A. In una delle sue versioni considerate più d'avanguardia (non ci si dica infatti che la colpa sia solo di Monti e Grilli) . Dieci, Cento, Mille Pensionati di Pozzuoli!

domenica 17 febbraio 2013

LAVORO: PARTITA DAL PORTO FORNERO, UNA ZATTERA ALLA DERIVA NELLA NOTTE GALLEGGIA SULLA PALUDE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI. I TRE MAGGIORI SCHIERAMENTI DISCORDI SUL DOPO ELEZIONI.

E' di pochi giorni fa l'ultimo richiamo dell'OCSE che come al solito, all'italiana, verrà letto dagli interessati, in più maniere tra loro contraddittorie. Dice l'OCSE che più che il posto, va protetto il reddito del lavoratore. Ma i soldi per farlo, in Italia, ci saranno?Le leggi, infatti, come noto, non producono di per sé nuove risorse.Anzi, per raggiungere l'obbiettivo spesso ne richiedono di nuove. Sempre OCSE sostiene che ciò influirebbe sulla migliore dislocazione della forza lavoro. Ma già qui emerge una divergenza di impostazione tra una Europa liberista, che ipotizza un processo di causa -effetto spontaneo e una visione italiana statalista e dirigista che unanimemente ritiene che questi processi vadano guidati da politiche attive del lavoro (per la verità solo nell'ultimissima comunicazione l'OCSE ne fa cenno, senza troppa convinzione) , mai realmente fatte in decenni nonostante le decine di migliaia di dipendenti pubblici impegnati nelle relative amministrazioni di cui non si vuole ammettere , per motivi clientelari, l'inutilità. Sarà dura realizzare la flessibilità in entrata e uscita richiesta dall'OCSE quando la mentalità prevalente è quella che l'una e l'altra parte , nelle due fasi, debbano essere più brave a fregare la controparte che a rispettare regole di correttezza e civiltà. Tutto un altro mondo, quindi. In ogni caso in Italia, prima del 2017 un sistema universale di protezione sociale per chi perde il lavoro non sarà realizzabile e quindi su questo, per il momento, a meno che non siano scoperti pozzi di petrolio in Via Flavia, è meglio mettersi l'anima in pace e proseguire coi vecchi ammortizzatori. Già il Fondo Monetario Internazionale aveva cominciato a snocciolare questo libro dei sogni: riforma della giustizia, riforma tributaria, riforma della scuola e dell'università, no ai condoni, ridurre il cuneo fiscale,liberalizzazioni, privatizzazioni, ecc. Con un po' di ritardo forse: qualcuno dovrebbe spiegare all'OCSE che in Italia le tasse universitarie è inutile aumentarle ancora visto che ormai gli studenti stanno abbandonando le facoltà sia per i già alti costi sia per l'inutilità della laurea nell'attuale mercato del lavoro. E con troppa prudenza, visto che lascia la porta aperta e quindi ammette una modulazione temporale degli interventi in tutti i settori di cui si propone la riforma compatibilmente con le esigenze di bilancio. Quindi se ne parlerà tra anni. Per cui: parole al vento. Nel frattempo la riforma Fornero si delinea (lo dicono gli imprenditori e non stranamente quei partiti che dicono di voler rappresentare il lavoro dipendente, il più colpito dal capolavoro della professoressa torinese) come un disastro epocale. . Ha aggravato i costi nell'utilizzo di apprendistato e lavoro a termine, ha concorso alla perdita di ulteriori 320 mila posti di lavoro e a un tasso di disoccupazione, specie giovanile, che da tempo non si riscontrava. Le aziende fanno sempre meno contratti, soffocate da burocrazia asfissiante e oneri inutili. Il contratto di apprendistato è affondato per l'aumento della contribuzione, per il vincolo di stabilizzazione e, per la verità, anche per i ritardi delle Regioni. Analoghe disavventure per il contratto a tempo determinato, grazie all'aumento della contribuzione, non riequilibrato dal premio di stabilizzazione e dalla possibilità di omettere il “causalone”.La reputazione delle collaborazioni e delle partite IVA era da tempo segnata (per la intrinseca pericolosità) da parte delle aziende, il contratto di inserimento è stato abrogato,le agevolazioni alle assunzioni femminili sono al palo per la solita non immediata attuabilità delle leggi italiane (da definire ancora territori e tipi di impiego). Poiché è aumentato il contributo per l'ASPI è diventato più costoso licenziare quindi si preferisce addirittura non assumere. Nè tanto meno le aziende sono propense a versare i contributi relativi ai fondi di solidarietà bilaterale e residuale.
Un capolavoro quindi cui oltre alla Fornero ha sicuramente concorso l'elite amministrativa del Ministero del Lavoro che ha fornito la propria preziosa consulenza tecnica a supporto del Ministro. Anche l'Italia pertanto possiede le sue armi di distruzione di massa. Come rimediare? Qui la confusione rischia di accentuarsi. Il PD è per una modifica della riforma, il PDL per abolirla, Monti (cioè Ichino) per sperimentare nuove soluzioni. Molto dipenderà da chi ricoprirà il posto di Ministro del Lavoro e dalle spinte che verranno, su un tema tanto sensibile, dalla sinistra estrema, dalla lega, dai grillini e, ovviamente, dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Dalla lettura delle varie posizioni in campo alcune osservazioni sono d'obbligo.
Il PD appare eccessivamente attardato in una visione ingegneristica del diritto del lavoro. L'impressione è che abbia difficoltà ad elaborare un modello coerente e compiuto e, probabilmente, sia intenzionato in futuro ad appaltare alla CGIL e alla Camusso , volta a volta, l'elaborazione di proposte da far proprie come governo in cambio di una pace sociale (e qui non sembra lecito attendersi uno scavalcamento da parte di CISL, UIL e UGL). Da un punto di vista tecnico è prevedibile che si ripropongano gli stessi errori compiuti quando si riformò la materia del lavoro pubblico. Un groviglio di circolari, decreti attuativi, protocolli di intesa che rischia di far diventare il diritto del lavoro italiano ancor più giungla di come lo sia attualmente. Unico sollievo: forse per un bel po' di tempo ci verrà risparmiata l'inutile polemica sull'articolo 18 (forse l'argomento che alle aziende interessa di meno, in quanto non a tutti è noto che le aziende non vogliono licenziare ma crescere, produrre e assumere alle condizioni più favorevoli possibili). Il PD non si occuperà di pensioni (non smetterà mai di ringraziare la Fornero per averci lavorato sopra sporcandosi fino al collo) se non per sanare la vicenda esodati effettivamente imbarazzante per l'elettorato di riferimento L'art. 8 di Sacconi per il PD è come l'alieno di Roswell di cui si debba fare l'autopsia: ancora non ha capito da dove cominciare,se la contrattazione aziendale è un rischio o un opportunità: poco male: saranno gatte da pelare per la CGIL....
L'uomo di punta per la Lista Monti è Ichino, uscito sconfitto anche lui dalle primarie del PD. Ovvio che per questo motivo e per la sua scelta di cambiare schieramento, nonché per una vecchia ruggine tra lui e l'Amministrazione del Lavoro, sarà difficile che la sua proposta possa essere influente, quanto meno nella prima parte della legislatura. Il professore è divenuto molto più prudente (il tritacarne in cui si è ficcata la Fornero ha spaventato molti studiosi) e pone l'accento sull'aspetto sperimentale della propria proposta perchè neppure lui sa se possa davvero funzionare nel caos del mondo del lavoro in Italia. Diversi sono i punti deboli della proposta. In sintesi:le imprese sono stanche di esperimenti: vogliono lavorare e in sicurezza, altrimenti vanno all'estero. Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato (illusorio) rischia più di essere un dogma che una realtà. Forse è bene che si elaborino modelli alternativi in cui tutti, senza privilegi, possano cambiare lavoro nella vita in piena sicurezza. Il precariato non è sgradevole tanto per la durata determinata ma per essere sfruttamento sottopagato e ricattato. Più che la durata, qui il tema è la dignità delle condizioni di lavoro e la sufficienza della retribuzione. Quindi secondo noi, anche da parte di Ichino c'è un evidente ritardo interpretativo. Di ridurre il cuneo fiscale Ichino sa meglio di noi che non è aria, almeno finchè i costi della PA saranno a questi livelli. Ichino poi dovrebbe sapere che l'Outplacement in Italia il soggetto pubblico non sa farlo e quindi non sarebbe gratuito. E delude quando scomunica l'art. 8 di Sacconi in nome del totem CCNL. Ci saremmo aspettati un po' più di coraggio nel valorizzare la contrattazione aziendale, l'unica che può sparigliare il pluridecennale immobilismo dell'assetto sindacale italiano.
Quanto al PDL pesa su questo schieramento l'eredità della gestione Sacconi cui non si può non pensare in relazione alla credibilità delle intenzioni di modificare realmente, questa volta, il mercato del lavoro. Certo, non si può negare che la scelta sia chiara (abolire la riforma Fornero e tornare alla Legge Biagi) e che il quadro ideologico sia coerente. Il punto debole è nella dimostrata incapacità, in questi anni, di quella parte, di saper unire e non dividere il mondo del lavoro su una prospettiva condivisa. E in Italia la riforma del Lavoro o la si fa tutti assieme o non la si fa. Anche in questo caso, come per Ichino, il contrasto tra tempo indeterminato e precariato è posto in maniera non corretta e fuorviante, in maniera cioè poco moderna. Ovviamente la validità dell'art. 8 di Sacconi è ribadita ma ci sarebbe più piaciuta una netta presa di distanze da visioni dello stesso penalizzanti per le condizioni dei lavoratori. Bene abbattere il totem del CCNL ma per migliorare le condizioni di imprese e lavoratori , non per peggiorarle perchè non è così che l'economia cresce. Quanto al tema della liberazione del lavoro dai vincoli fiscali e burocratici, lo stesso è convincente come sempre ma in realtà è rimasto in questi anni una mera utopia nonostante le responsabilità di governo ricoperte.
In conclusione auguriamo a tutte le forze politiche, dopo le elezioni, di riuscire a realizzare qualcosa di buono e costruttivo per tutti i lavoratori italiani. Ne sentiamo veramente il bisogno.

COSA C'E' DIETRO ALLA POLEMICA SUL “MADE IN ITALY”?

Negli ultimi anni è accaduto che molti mercati italiani siano stati assaltati da oggetti fabbricati apparentemente fuori dal nostro Paese. Gli italiani li hanno osservati, li hanno comprati, provati e spesso continuano a comprarli. Perchè quasi sempre sono prodotti di qualità pari o superiore a quelli made in Italy e, particolare non trascurabile, costano di meno. Spesso questi bassi costi sono possibili per il costo del lavoro che notoriamente in Italia è più alto che altrove (come faremmo infatti se non mantenessimo la nostra cara burocrazia?). Le aziende italiane (imprenditori e lavoratori) sono da allora in difficoltà. Indubbiamente gli effetti per l'economia italiana sono negativi. Vi sono riflessi sul destino di imprese che devono chiudere e sul mantenimento della relativa occupazione. Dove qualcuno ci perde, qualcun altro ci guadagna: il consumatore può acquistare oggetti d'uso a un prezzo più favorevole, venditori stranieri in Italia più o meno clandestini hanno la possibilità di sbarcare il lunario e prosperano gli affari di quegli italiani che forniscono queste merci prodotte all'estero (o in Italia a condizioni da Terzo Mondo) ai venditori stessi.Nella misura in cui certa criminalità organizzata controlla questi traffici, è ovvio che vi sia una sua compartecipazione ai profitti. Chi lavora nelle fabbriche di questi oggetti vive una realtà double-face : da una parte è sfruttato e sottopagato, rispetto agli standard occidentali. Dall'altra ha compiuto un passo avanti sulla strada dell'uscita dalla fame e dalla povertà, perchè, anche se è triste dirlo, avere un lavoro e una magra retreibuzione è sempre meglio che non averlo. Chi si scandalizza per queste affermazioni evidentemente non ha mai provato effettivamente la fame, la povertà, la disperazione.Sottolineamo il particolare che vorremmo non sfuggisse. Non sempre e non più la produzione avviene all'estero ma ciò si verifica anche in Italia. Chi impedisce di farlo? Nessuno, quasi, poiché i controlli non vengono fatti da alcuno, se non , nei limiti del possibile, dalle forze dell'ordine, che non finiremo mai di ringraziare. Sull'operato del resto della PA è meglio che stendiamo un velo pietoso (non certo per colpa degli addetti ma dell'organizzazione che nel pubblico colpisce e penalizza chi vorrebbe lavorare).
Per gestire questa situazione da anni c'è un intenso impegno degli organismi europei e una attività costante delle associazioni imprenditoriali. In verità senza molti risultati. Lo sviluppo , un certo tipo di sviluppo, sia produttivo che commerciale, non lo puoi bloccare con i cartellini, così come è inarrestabile il fenomeno migratorio con impronte digitali o flussi o permessi di soggiorno dati col contagocce.
Ci dispiace per gli imprenditori delusi ma spesso i tarocchi sono quelli prodotti dalle loro italianissime fabbriche (per lucrare sul costo dei materiali) e non da quelle dei poveri sfruttati. Dimenticano poi un particolare: che il consumatore (ma il mondo potremmo dire) è stanco di sopportare il costo derivante dal mantenimento di privilegi da parte del commercio vecchio tipo. Stiano tranquilli che se saranno in grado in futuro di fabbricare prodotti di valore a un prezzo giusto la gente li acquisterà senza andare a vedere il cartellino. E crediamo che la stessa cosa già faccia, per risparmiare, il commerciante che un minuto prima si è lamentato delle chincaglierie cinesi. Così come sua moglie, quando va a fare la spesa. Ciò sempre che si scelga di vivere in una società libera, anche commercialmente. Avete voluto il capitalismo? Bene, lo stesso prevede che quando uno non sia più capace di fare un mestiere, lo cambi. Avete voluto una società liberale, con regole da rispettare per una migliore convivenza? Avete sempre rispettato queste regole?No? La stessa cosa la stanno facendo ora altri abitanti dell'Italia e altri Paesi. Adesso, speriamo, capirete come è fastidioso vivere in un posto dove ognuno, come voi da tanto tempo, fa un po' quello che gli pare! Certo noi non possiamo pagare un paio di scarpe il triplo solo perchè voi possiate mantenere le vostre ville, amanti e macchinone. Quindi andate a produrre in Cina e andate a fare concorrenza ai cinesi, se ci riuscite. Prima o poi verranno in Italia imprenditori e commercianti stranieri più bravi di voi che (senza aiutini) sapranno mettere a frutto quello che nessun Paese al mondo ha: i mestieri e le abilità di tanti lavoratori italiani.

I RAPPORTI CON L'EUROPA E I VERI INTERESSI DEI LAVORATORI ITALIANI

In campagna elettorale è uno dei tempi più trattati: quello dei rapporti dell'Italia con la Merkel e con l'Europa (da essa , sembra, di fatto, egemonizzata) con la Francia (che bene o male, come suo solito, riesce a darsi una chiave per gestire i propri interessi) con gli USA (da noi italiani criticati ma, probabilmente, non del tutto compresi)
A nostro parere i ragionamenti che si fanno in Italia sono inquinati dalla persistenza di miti e di frasi fatte. Uno dei rimpianti legati all'avvento dell'euro è quello della sopravvenuta impossibilità di mantenere il nostro export facendo leva, come una volta accadeva, sulla svalutazione. Si dice: perchè americani e giapponesi possono farlo e noi no? A nessuno viene in mente che forse è l'imprenditoria italiana a non saper essere più competitiva come una volta. Forse perchè ha sempre pensato ad arrangiarsi e a speculare più che agli interessi veri del Paese la tutela dei quali fosse oggetto dell'attività di una classe dirigente politica in verità sempre più scadente perchè scarso oggetto delle attenzioni e delle cautele (a parte le interferenze illecite e l'assalto alla diligenza delle agevolazioni) degli imprenditori. Chi è causa del suo mal, quindi, pianga se stesso.Grande responsabilità è anche dei grossi sindacati, i quali hanno seguito a ruota, come un ballo di coppia, la classe imprenditoriale, puntando non sullo sviluppo della produttività ma sul perpetuarsi dei pascoli pubblici per mantenere le proprie greggi. Poca lungimiranza quindi, anzi miopia, nonostante il fiorire di centri studi di politica economica. Ora forse è troppo tardi per scampare a un destino simil-greco (nella sostanza anche se, probabilmente, nella forma, un po' più soft...o ci saremo già dentro e non ce ne siamo accorti?)Perchè? Il fiscal-compact è ormai realtà e le ganasce ce le siamo messe e abbiamo lasciato che ce le mettessero. Gli impegni l'Italia li ha mantenuti e dovrà mantenerli. Tutti i partiti (per scarso coraggio) lo ammettono e anche chi si vuole un po' smarcare sappiamo già che dopo, in Europa, chinerà la testa perchè le grandi potenze sanno come utilizzare i loro strumenti per farsi rispettare. Non si esce da un meccanismo da un giorno all'altro. Occorrerebbero grandi personalità politiche che ragionassero su un orizzonte di medio-lungo periodo. Questi pensano solo a mantenere il loro seggio parlamentare il più possibile e a monetizzare quanto più si può. Gli altri, i “nuovi” arrivati sulla scena politica avranno pure tante buone intenzioni ma non sono oggettivamente e comprensibilmente preparati a una attività così complessa.La classe imprenditoriale? Anch'essa pensa agli affari suoi. Chi può trasferisce i propri interessi fuori dall'Italia (quindi non solo la FIAT lo sta facendo ma tutti gli altri).
Il secondo mito da sfatare è quello della tutela dell'italianità. Ma quale? Quella del boom economico degli anni '60? Bella, ma nei film. Quella delle grandi personalità e dei cervelli? Ma le une e gli altri ormai non parlano più neppure in italiano, se non nella pubblicità e nelle cerimonie di premiazione. Infatti, li abbiamo indotti a scappare via, adottando un sistema di istituzioni culturali universitarie e scolastiche quello sì degno dei film di Totò o degli spettacoli di Pulcinella. O l'italianità degli imprenditori che vanno a portare sfruttamento, mazzette, malaffare all'estero? Con quelli lì l'italiano onesto non ha nulla a che fare. Ma non è che per caso tutta questa passione per l'italianità sia alimentata dai vertici di quelle aziende (Edison, Bnl, Parmalat, Finmeccanica, Saipem, Alitalia,Telecom, Enel , Eni e Fiat) che o già sono state comprate o stanno per esserlo dagli stranieri? Ma perchè il lavoratore italiano dovrebbe preoccuparsi della sorte di imprenditori e manager incapaci e guardare con timore all'avvento di imprese e paesi diversi desiderosi di fare e non di evadere, speculare, corrompere, licenziare? Quindi, spettabile management di quelle aziende in via di acquisizione (e giornali amici), lamentatevi pure ma non nel nostro nome di italiani. Voi avete tradito l'Italia in nome del vostro portafoglio, voi con noi non avete più nulla a che fare e non vi vogliamo più. O meglio, aspettiamo di incontrarvi a fare il nostro stesso lavoro alla catena di montaggio, negli uffici o a pranzare al nostro fianco alla mensa aziendale.Vuoi vedere che grazie all'avvento degli stranieri finalmente i vertici aziendali verranno scelti in base a criteri meritocratici e non alla discendenza famigliare?

I DIPENDENTI PUBBLICI E LA POLEMICA SUI COSTI DELLA BUROCRAZIA

I dati diffusi da Confartigianato sui costi della burocrazia fanno impressione. Se ne parla da anni ma evidentemente fare qualcosa di serio per ridurla, razionalizzarla e modernizzarla si è rivelato impossibile.
Diamo per scontato che sull'interpretazione del fenomeno e sull'identificazione di esso come un problema (“il” problema?) si sia concordi. Per lo meno tra i cittadini che non abbiano le mani in pasta con quel groviglio di interessi e vogliano sinceramente il bene di sé stessi, delle loro famiglie, delle loro imprese (se non le hanno già chiuse).La domanda capitale è : “che fare?” ma soprattutto “chi può fare di più?” (l'assonanza sanremese è puramente casuale).
Soggetti politici che vogliano veramente innovare, all'orizzonte, non se ne vedono. Per ragioni diverse e comprensibili. Uno schieramento ha nell'elettorato appartenente al pubblico impiego uno dei propri pilastri. Un altro è, per sua natura, punto di riferimento, di fatto, della dirigenza (e si sa che i generali, senza un esercito, anche scalcinato, contano ben poco) cioè di chi nella PA è presente non a caso e svolge ruolo di garante per il perpetuarsi del potere, un altro ancora ha capito, sin dal 1994 che anche se a malincuore e turandosi il naso con la burocrazia deve fare i conti (e non può regolare i conti) se non vuole che le proprie “riforme” tese a favorire determinate categorie e territori serbatoio elettorale si spengano nel nulla. Altri schieramenti, oggi marginali, abituiamoci a valutarli meglio una volta che avranno avuto veramente a che fare col mostro. Ne usciranno (la storia ci dice questo) o fagocitati, o isolati e sconfitti oppure ne assaggeranno per un po' i privilegi in attesa della normalizzazione. Soggetti economico-imprenditoriali hanno dimostrato di avere un rapporto di amore-odio con la burocrazia. La detestano quando la stessa manda a monte i propri affari ma spesso, in silenzio e di nascosto, cercano di mettersi d'accordo con essa, anche illecitamente, per fregare i concorrenti. Diciamo poi che in Italia questi soggetti non hanno mai brillato per attaccamento ad interessi superiori o al bene comune. Meglio non illudersi e non fare affidamento su di loro. I sindacati grandi e storici sono in rapporto di interesse con gli alti livelli burocratici. Da uno scambio con essi derivano i residui favori e privilegi che riescono a strappare per conservare gli iscritti da loro rappresentati, che si accontentano sempre di meno, così come quei sindacati li hanno gradualmente abituati a fare. I sindacati piccoli sono stati annullati da una normativa sulla rappresentatività di cui sinora né loro né altri hanno pienamente compreso la natura sostanzialmente ingannevole e antidemocratica (cosa c'è di più autoritario della finta democrazia?). Restano i lavoratori pubblici, cioè noi, per la verità sempre più presi dal problema di campare giorno per giorno più che dalle preoccupazioni sulla sorte della democrazia. Diciamo loro: quando avrete tempo di rifletterci vi accorgerete che in Italia nulla è cambiato e nulla muterà finchè non saranno proprio i lavoratori pubblici a far propria la bandiera della lotta alla burocrazia (già, proprio quella che apparentemente vi dà da mangiare – anche se in realtà è il contribuente che lo fa- e quella nella quale sognate ancora che un domani vostro figlio possa assere assunto tramite un concorso), della battaglia perchè vengano ridotti gli adempimenti per avviare una nuova impresa, per costituire un nuovo rapporto di lavoro, i passaggi per accedere al credito o quelli fiscali. Così come per ridurre e semplificare le leggi e per digitalizzare la pubblica amministrazione. Perchè innanzitutto voi (noi) siamo quelli ad aver bisogno di una giustizia veloce ed efficiente, di servizi alla famiglia veri , diffusi, alla portata delle nostre tasche. Prendiamola allora in mano questa bandiera e muoviamoci, non fidandoci di coloro che dicono che se si riducesse la burocrazia questo significherebbe perdere tanti posti di lavoro impiegatizi. Ci ricattano e ci ingannano, per farsi sempre gli affari loro. Ragioniamo con la nostra testa, guardiamo (almeno su questo) all'Europa e lasciamo al loro destino i demagoghi sindacali , gli unici che hanno interesse a che si perpetui questo sistema perverso, temendo che in caso contrario dovrebbero tornare a lavorare sul serio.

domenica 10 febbraio 2013

BENETTON E ELECTROLUX: NEL NORD-EST, I NODI VENGONO AL PETTINE

Le centinaia di esuberi dichiarati da aziende come Benetton ed Electrolux sono la conferma che è in atto nel Nord-Est una svolta decisiva, la transizione a un modello che non potrà più essere quello esaltato negli anni '80 e '90. I nodi sono quelli che da tempo si conoscono: eccessiva tassazione in Italia, tra l'altro non modulabile verso il basso a livello regionale, burocrazia soffocante, infrastrutture insufficienti, impossibilità di imporre dazi sulle merci importate per fronteggiare la concorrenza di paesi con un costo del lavoro enormemente inferiore al nostro. Chi ancora ha voglia di fare l'imprenditore e pensa in grande guarda all'Estremo Oriente (dove tuttavia, avvertiamo, cominciano ad arrivare segnali che ci dicono che prima o poi la pacchia finirà: quindi occhio a comportarsi bene perchè come la vicenda Marò insegna, è molto difficile tirar fuori dai guai chi laggiù ci finisce). Chi si muove con un po' più di prudenza (aspettiamoci che la Fornero prima o poi spari dichiarazioni del tipo “gli imprenditori italiani sono tutti mammoni”) guarda alla vicinissima Carinzia dove (ne abbiamo già parlato di recente ) la tassazione addirittura scende ad un appetitoso 25% ma dove soprattutto le autorità locali stanno creando un ambiente idoneo a ospitare e a poter far riprodurre la specie in estinzione dell'imprenditore italico. La situazione è leggermente caotica perchè , anche in prospettiva post elettorale, è difficile che si affermi un governo che possa lasciare un po' di libertà alle regioni di modulare la pressione fiscale, la classe dirigente locale a parole dice di volere questo ma non ha dimostrato di saper portare la classe imprenditoriale di cui avrebbe voluto essere punto di riferimento a condividere e fare propria una cultura che spingesse a una visione più patriottica (anche se regionalistica) tale da scegliere di combattere qui in Italia anziché lasciare affondare la barca. Difetto, questo dell'irresponsabilità e della spregiudicatezza autolesionistica, storico dell'imprenditoria italiana. Della classe politica, locale e nazionale (tra l'una e l'altra cambia solo la cadenza dialettale ma non il modo sostanziale di vedere le cose) non parliamo ulteriormente, per amor di patria perchè ormai è come sparare sulla croce rossa. I maggiori sindacati (che da politici e imprenditori sono additati come primi e diabolici responsabili del disastro) sappiamo tutti come ormai siano incapaci di altro che di dichiarare scioperi inutili. Ma non per malvagità ma semplicemente perchè ancora non ci hanno capito nulla e sono solo buoni, come il padrone che difende la sua “roba” , a mantenere , illudendolo con ogni artifizio, il proprio gregge di iscritti. In questa confusione , durante lo tsunami che sta spazzando via il tessuto produttivo del nostro Paese, anche nella versione evoluta che si era affermata nel nord est, sappiamo solo che ne usciremo facendo la stessa cosa di coloro che tempo fa deridevamo guardandoli dal nostro piedistallo di terracotta: copiando (perchè quando non sa essere originale così deve fare il mediocre) le cose buone (perchè ce ne sono) che si stanno facendo altrove.

giovedì 3 gennaio 2013

FOTOVOLTAICO: ECCO COME OTTENERE GLI INCENTIVI

Fotovoltaico: ecco come ottenere gli incentivi
L'attenzione all'ambiente richiesta anche dai trattati internazionali ha portato i governi che si sono succeduti negli ultimi anni a incentivare l'installazione di impianti fotovoltaici, questi vengono di anno in anno rinnovati e purtroppo ...
Fonte: Studiocataldi.it
Url: http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_12934.asp