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giovedì 18 aprile 2013
martedì 16 aprile 2013
IL TAPPO DELLA BUROCRAZIA SUL RIMBORSO DI 40 MILIARDI ALLE IMPRESE
Contrariamente a quel che appare, occorre sapere che la spinta al rimborso dei
crediti delle imprese nei confronti delle PA non viene asolutamente dal governo
italiano e dalla sua burocrazia nè dalle forze politiche che hanno governato
finora.Come per tante altre innovazioni avute in questi anni in Italia
, l'impulso decisivo viene dalla Commissione Europea ed è il prodotto di un
lavoro di tre anni.Si tratta in realtà di una sconfitta della burocrazia
italiana, in quanto il decreto è stato un atto obbligato per uniformarsi alle
direttive europee.Nei prossimi mesi la Banca d'Italia, il Ministero
dell'Economia, la Regioneria Generale dello Stato, i Ministeri, tutte le
Pubbliche Amministrazioni faranno di tutto pur di rallentare e ritardare questo
impegno. Già la tempistica per fornire al governo da parte di ogni PA l'elenco
dei debiti (qualcosa che non si è fatto per anni e che si vorrebbe realizzare in
due settimane) appare fuori dalla realtà e gli esperti concordano che tutto
l'apparato del decreto non sia altro che il progetto di un gigantesco rubinetto
non in grado di erogare alcunchè, se non, almeno, di fatto, tra una decina di
mesi.Ossia quando tante imprese saranno cessate e tanti imprenditori ancora
suicidatisi.Una enorme, gigantesca presa in giro che non sta denunciando nessuno
, all'interno delle Pubbliche Amministrazioni, men che meno i sindacati i quali
nella peggiore delle ipotesi sono collusi con l'alta dirigenza, nella migliore
sono timorosi di evidenziare inefficienze per eventuali reazioni dell'opinione
pubblica che portino a chiedere ulteriori tagli occupazionali nel pubblico
impiego.E costoro non si rendono conto di aver perso una irripetibile occasione
per schierare i funzionari pubblici con la parte produttiva del paese
togliendoli dalle grinfie dei parassiti raccomandati col colletto bianco. E'
indubbio infatti che la popolarità dei dipendenti pubblici (quella che manca
loro da trent'anni e che pian piano li ha condotti al decadimento professionale
e retributivo) cambierebbe di colpo se dimostrassero di sapersi meglio scegliere
le amicizie e i sindacati e di avere a cuore innanzitutto la salute del loro
assistito (il cittadino) anche se l'ospedale in cui lavorano (la loro
amministrazione) ha vistose carenze strutturali
BANCHE, ITALIA-GERMANIA: E SE STESSIMO MEGLIO NOI?
Se ne parla poco ma a livello di Bce è in corso un passaggio delicato su una
questione decisiva: l'uniformità in tutta Europa della vigilanza bancaria. Da
una parte tira Draghi, dall'altra le banche tedesche oppongono una inattesa
resistenza. Si capisce che è difficile parlare di queste cose in un momento in
cui, a livello mediatico, la reputazione delle maggiori banche italiane è ai
minimi storici. Però alcuni dati erano già noti e non contestati. Ad esempio che
le banche italiane soffrissero da tempo uno svantaggio competitivo rispetto alle
loro concorrenti straniere che si traduce in un sensibile gap sui costi del
credito concesso, soprattutto, in Italia, alle piccole e medie imprese. E nella
minore libertà di azzardare operazioni all'estero più agevoli per controlli meno
ossessivi. In più a pochi è noto che il famoso segreto bancario in Italia non
esiste più mentre resiste in alcuni paesi addirittura della Ue che poi guarda
caso fungono da polo di attrazione per le imprese italiane costrette ad
emigrare. In Italia le grandi banche sono nel mirino, tra le altre cose, in
quanto gestite dalle fondazioni bancarie governate dalla politica.
Nell'insospettabile Germania sembra che perfino a livello regionale esistanto
banche locali pesantemente colluse con la politica per comportamenti e
finanziamenti non del tutto trasparenti. Unificare l'Ue dal punto di vista
bancario significherebbe rivoltare, in maniera imbarazzante, questo macigno,
scoprendo, magari, che in Europa ogni mondo è paese (ivi compresa la severissima
Germania). Certo, crollerebbe un mito per molti.In Italia però questa battaglia
sul processo di unificazione europea delle banche, che provocherebbe clamorose
conseguenze sulle regole e sul sistema di vigilanza, sembra interessare
pochissimo quei sindacati bancari che antepongono gli interessi dei loro amici
di partito (politici locali e banchieri fedeli) al risanamento e al rilancio
competitivo delle nostre aziende bancarie. Con i risultati (sia in termini
penali che occupazionali) che stiamo ammirando in questi giorni.
MA TU VULIVE 'A PIZZA
giovedì 11 aprile 2013
AL VIA A MILANO IL PROCESSO PER L'AVVELENAMENTO DI UN FARMACISTA DA PARTE DI UN IMPRENDITORE DELL'AUTOTRASPORTO: IPOTESI INQUIETANTI AL VAGLIO DEI GIUDICI
Molti ricorderanno il fatto di cronaca
che ebbe qualche tempo fa risonanza nazionale. L'anomalo omicidio,
tramite avvelenamento, da parte di un imprenditore in difficoltà
dell'”amico” farmacista.
La vicenda torna alla ribalta (lo
testimonia l'articolo apparso ieri sulla cronaca milanese di
Repubblica e che qui riportiamo) perchè è arrivato il momento
dell'inizio del processo. Saranno i giudici a dirimere la questione e
non sarà un compito facile. Certo, la linea difensiva
dell'imprenditore scelta da parte dell'Avvocato Andrea Benzi, del
Foro di Milano, se le gravi ipotesi che innanzitutto la Squadra
Mobile ha avanzato (delitto consumatosi all'interno di un giro di
usura in cui sono coinvolti anche pregiudicati appartenenti a clan
mafiosi) saranno confermate dai giudici , non potrà non dipingere
anche un preoccupante affresco delle condizioni nelle quali la
piccola impresa oggi si trova a operare nel nostro Paese, in
particolare al nord. L'imprenditore, Gianfranco Bona, era a capo di
una impresa dell'autotrasporto che contava una ventina di dipendenti.
Il nostro Sindacato, l'AGL, si è adoperato in prima persona, nei
mesi scorsi, tramite accordi individuali stipulati in sede sindacale,
affinchè per i lavoratori fosse garantita una uscita indolore
dall'azienda ormai cessata e a rischio di fallimento. Una vicenda
amarissima che dimostra come due questioni, pur da tempo all'ordine
del giorno della polemica politica (le Pubbliche Amministrazioni che
non saldano i propri debiti con le imprese fornitrici e il ruolo
sconcertante da parte del sistema bancario nel creare più difficoltà
possibili al sistema delle imprese e ai suoi lavoratori) irrisolte
per mancanza di volontà da parte di chi ha governato finora il
Paese, stanno mietendo vittime (pensiamo ai suicidi) tra
imprenditori, professionisti e soprattutto i lavoratori e le loro
famiglie che finiscono sul lastrico. In Italia si suol dire che il
potere pubblico si muove tardi sulle situazioni più a rischio e solo
quando ci scappa il morto. Ecco, qui non solo i morti ci sono da mesi
ma abbiamo l'impressione che un po' tutti ci stiamo facendo
l'abitudine. Non solo quindi un paese in decadenza per la crisi
globale ma, purtroppo , un'Italia che sta sempre più sprofondando
nell'indifferenza, nella violenza e nella barbarie. Inutile dire che
se è la mafia l'unico prodotto italiano per il quale va a gonfie
vele sia l'esportazione (valga a dimostrarlo l'ultimo libro di
Saviano in cui si osserva che il modello italiano è sempre più il
punto di riferimento per le più spietate cosche nel mondo) sia il
mercato interno (assieme all'usura può entrare nelle vite di tutti,
come questo fatto di cronaca conferma) allora sono in pericolo la
convivenza civile e la democrazia. E significa pure che la spinta
propulsiva delle vecchie associazioni anti mafia e anti usura forse
si è esaurita e finalmente è arrivata l'ora che ogni partito, ogni
sindacato (come noi dell'AGL), ogni organizzazione datoriale, ogni
ordine professionale debba prendere in mano queste bandiere, senza
più delegarle ad avanguardie solitarie.
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